Squat da powerlifter o da bodybuilder?
Premessa
Un paio di settimane fa, in palestra osservavo l’esecuzione di uno squat al rack: già il fatto che qualcuno lo stesse facendo con il bilanciere libero e non al multipower era per me motivo di godimento estetico; il tizio in questione, poi, scendeva sotto il parallelo con un assetto dignitoso, e il mio umore ne risentiva in maniera positiva.
Notavo però che con l’aumento del carico, di serie in serie, si facevano evidenti alcune pecche nell’esecuzione, dovute ad un’impostazione non perfettamente messa a punto. Venendo meno ad una delle mie “sane abitudini” in palestra (Regola n. 1: “Mai dare consigli non richiesti”), ho intavolato una conversazione con quel “ragazzo” (credo abbia la mia età, quindi non è esattamente un giovanottino), e con pochissime modifiche la qualità del suo squat è migliorata di moltissimo.
Nello specifico, è bastato allargare lo stance (cioè la distanza fra i piedi), orientare le punte dei piedi più verso l’esterno e insistere nello spingere le ginocchia in fuori durante la discesa.
A questo punto, soddisfatto di me stesso, stavo per tornare ai cavoli miei, quando è scattata la domanda fatidica: “Ma in questo modo è uno squat da bodybuilding o da powerlifting?”…ecco come demolire l’umore di un povero cultore di pesi, che cerca solo di diffondere un po’ di buon senso in palestra !
Nello specifico, ovviamente, chi ha fatto la domanda è ben al di qua della linea tra bene e male, ops…tra powerlifting e bodybuilding…in fondo, 80kg di squat x 8-10 ripetizioni sono giusto il minimo per dire che ti stai muovendo, non certo per pensare a distinguere l’allenamento per la massa da quello per la forza o altre sottigliezze. Ciononostante, la sua domanda mi ha suscitato una riflessione a livello inconscio, perché ho dovuto dare una risposta rapidissima, e tante nozioni presenti a livello subcosciente hanno preso forma e si sono organizzate. Per la cronaca, ho risposto: “Non esiste lo squat da bodybuilding o da powerlifting, esiste quello fatto bene e quello fatto male”.
Un solo squat per tutti oppure a ciascuno il suo?
Proviamo a spiegare la lapidaria ma allo stesso tempo esaustiva risposta che ho dato, partendo da una constatazione molto semplice: lo squat è codificato solo nella disciplina del powerlifting, e solo in uno dei tantissimi parametri, precisamente la profondità minima dell’accosciata, durante la quale l’anca deve scendere al di sotto del livello del ginocchio (il cosiddetto squat “sotto il parallelo”). Un altro vincolo è che dall’inizio della discesa alla fine della risalita non si può cambiare la posizione dei piedi (niente passettino in avanti o indietro, a destra o a sinistra). Il resto è assolutamente non vincolato da nessuna regola: distanza dei piedi, la loro maggiore o minore apertura, la posizione del bilanciere in alto sui trapezi o in basso sui deltoidi posteriori, distanza tra le mani posizionate sul bilanciere e tutte le altre variabili che ho già preso in esame in un mio precedente articolo.
Già con questa premessa mi sembra chiaro che parlare di “squat da powerlifting” abbia molto poco senso, e quindi – di riflesso – anche l’espressione “squat da bodybuilding” perde consistenza, a meno di non accettare come distinzione il fatto che il primo ha una profondità minima indispensabile e il secondo no. Tutto qua!
Ma ci hanno detto che…ho letto che…
Eppure, una rapida ricerca su internet su “powerlifting squat” e “bodybuilding squat” fornisce (mediamente) le seguenti informazione:
- powerlifting: bilanciere basso, stance largo, tibie perpendicolari al terreno, (poca flessione delle ginocchia) busto molto inclinato in avanti (molta flessione dell’anca);
- bodybuilding; bilanciere alto, stance stretto, busto eretto (poca flessione dell’anca), tibie non perpendicolari al suolo (maggiore flessione del ginocchio)
Bene…queste distinzioni sono di stampo “americano” e – per quanto riguarda il powerlifting – riguardano un ambito molto ristretto, quello delle federazioni americane dette “multiply”, cioè quelle che usano abbigliamento tecnico (corpetto per lo squat) multistrato, molto rigido, che modifica tantissimo la biomeccanica del gesto. Consideriamo anche che in quelle federazioni basta che il femore sia parallelo al suolo (profondità dell’accosciata minore rispetto all’IPF, la federazione internazionale di powerlifting), e che l’atleta non deve staccare il bilanciere dai sostegni, perché si usa un apparato chiamato monolift.
Oggettivamente, questo squat è particolare, elaborato in un ambito particolare, per scopi particolari (gareggiare in una federazione con regole sui generis), come anche lo squat eseguito dai sollevatori olimpici, che serve a preparare l’atleta a risalire dalla prima fase delle loro alzate specifiche, quindi ha caratteristiche ben precise: il busto tenuto più eretto possibile (con grande flessione delle ginocchia), la profondità abissale, il rimbalzo dei femorali sui polpacci e – in genere – l’utilizzo della componente elastica delle strutture (tendini e legamenti), nonché lo sfruttamento della flessibilità del bilanciere. Nel video seguente, infatti, si vede che l’asta oscilla notevolmente: è una caratteristica del bilanciere da gara, e i pesisti giustamente si allenano a gestirla al meglio.
Ora, se invece prendiamo lo squat eseguito in gare della federazione internazionale di powerlifting, vedremo che si evitano entrambi gli estremi: la profondità è sufficiente a reclutare tutta la muscolatura degli arti inferiori, glutei e femorali compresi, e contemporaneamente non è eccessiva, restando alla portata di persone dalla mobilità articolare nella media. Eccone un celebre esempio:
Abbiamo visto tre gesti atletici, tutti e tre chiamati “squat”, anche se visivamente diversi tra di loro. Come abbiamo visto, rispondono ad esigenze precise e a condizioni specifiche: senza un monolift non si potrebbe squattare come Dave Off, e a poche persone serve scendere tanto in basso quanto fa il weightlifter (e ancora meno persone sono in grado di farlo senza mettere a rischio le articolazioni).
E il bodybuilding?
Già…il bodybuilding: per raggiungere una conclusione non si può prescindere dal motivo per il quale i bodybuilders eseguono lo squat, che è stimolare la crescita muscolare delle gambe. Questa motivazione/esigenza così ampia lascia una vasta libertà di scelta ai singoli atleti, e infatti se guardiamo i video dei professionisti, vedremo delle grosse differenze esecutive da atleta ad atleta: chi scende ben sotto il parallelo, chi si ferma un po’ prima, chi tiene i piedi paralleli per sviluppare la parte esterna dei quadricipite (una “diceria” risalente ai tempi di Schwarzenegger, e smentita dall’elettromiografia), chi divarica un po’ di più le gambe…insomma, non esiste uno squat “da bodybuilding” codificato se non nell’obiettivo (ipertrofia degli arti inferiori).
A questo punto, allora, conviene chiederci quale sia l’esecuzione più proficua per questo obiettivo, sempre con un occhio alla massima sicurezza articolare, perché con un ginocchio infiammato o uno stiramento ai lombari è molto difficile stimolare i quadricipiti esterni medio-alti !
Lo squat per tutti
Riducendolo ai suoi minimi termini, lo squat consiste in una flessione contemporanea di anca, ginocchio e caviglia e la successiva estensione di queste tre articolazioni, nel rispetto delle curve fisiologiche della colonna vertebrale.
Come ho scritto prima, per reclutare anche glutei e femorali, è necessario scendere sotto il parallelo, ma non serve andare molto più giù; studi elettromiografici dimostrerebbero che non importa scendere molto di più, anche perché arrivare al contatto tra femorali e polpacci aumenta inutilmente le tensioni sui legamenti del ginocchio.
Fermo stando questo punto fondamentale, tutto il resto dell’esecuzione dovrà essere orientato ad evitare i “compensi”, che spostano il lavoro dai muscoli interessati ad altri o (peggio) alle strutture articolari. I compensi più diffusi (che avvengono solitamente in spinta) sono:
- “chiudere” le ginocchia, ovvero spingerle verso l’interno;
- sollevare il sedere prima delle spalle;
- rimbalzare in basso sulle ginocchia;
Questi compensi sono veri e propri errori di esecuzione, che diminuiscono l’efficacia dell’esercizio e ne aumentano il potenziale di rischio.
Un’esecuzione senza compensi permette di:
- sollevare il carico maggiore;
- stimolare al meglio la muscolatura;
- ridurre il rischio di infortuni;
Ovviamente la prima condizione interessa i powerlifter, la seconda i bodybuilder, la terza…chiunque si infili sotto un bilanciere!
Conclusioni
Nel powerlifting l’obiettivo è di sollevare il maggior carico nelle tre alzate “da palestra” (squat, panca e stacco da terra), e a questo scopo la tecnica è stata affinata per diventare sempre più efficiente. Per “efficienza” si intende la capacità di far lavorare al meglio quanti più muscoli possibili. Un’analogia molto calzante è quella con la Formula 1: tutte le invenzioni mirate ad abbassare il tempo sul giro (freni a disco, iniezione, elettronica, etc…) sono state poi trasferite sulle berline di serie, con aumento delle prestazioni, della sicurezza e del comfort di guida.
Allo stesso modo, la tecnica del powerlifting può (e a mio modesto parere deve) essere applicata con profitto anche in altri ambiti sportivi che contemplano l’uso di questi esercizi.
Certo, i protocolli di allenamento (serie, ripetizioni, carico, intervalli di recupero, frequenza di allenamento) vanno adattati ai diversi scopi, ma lo squat fatto bene non è “da powerlifting” o “da bodybuilding”…è lo squat, the king of exercises!
PS: qualche giorno fa ho rivisto il tizio che ha dato spunto per questo articolo, e ho avuto il piacere di constatare i miglioramenti nel suo squat. Schiena più compatta, profondità leggermente maggiore, ginocchia sempre in spinta e minore tendenza a schienare. Insomma, un movimento più efficiente e sicuramente più “redditizio” in termini di massa e forza!
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Commenti
Ancora un ottimo articolo su un esercizio che (mi pare di capire) ti sta molto a cuore, Fabio!
un dubbio. dici che non è necessario scendere “troppo” sotto al parallelo perché:
1- la stimolazione dei glutei e dei femorali avviene non appena si passa il parallelo, anche di poco.
2- lo stress articolare non giustifica una discesa troppo ampia.
Per quanto riguarda il secondo punto, mi trovi d’accordissimo.
Per quanto riguarda il primo, sei sicuro che un rom più limitato a livello dell’estensione dell’anca porti a un coinvolgimento identico di glutei e femorali a quello di una completa accosciata? Ho letto degli studi elettromiografici e vorrei approfondire l’argomento.
Ciao Konstant,
in effetti avrei dovuto scrivere “attivazione” o “reclutamento”, sarebbe stato più corretto. Ti assicuro però che uno squat appena sotto il parallelo (diciamo valido in FIPL) ha un abbondantissimo effetto ipertrofico su glutei e femorali, come ho potuto constatare su di me, sulle persone che alleno e sui “colleghi” powerlifters !
Per quanto ricordo dagli studi elettromiografici, la maggiore stimolazione non giustifica lo stress articolare e la difficoltà di tenuta della schiena di uno squat in accosciata completa (intendendo uno squat con contatto tra femorale e polpaccio).
Detto questo, oggi mi sono fatto un bel 5×5 di squat a discesa completa e fermo in basso di 3 secondi
!